Fame di vittorie e fame vera, quella che che serve a reggerti in piedi e a darti le energie per le sfide della vita. Non solo del calcio. Zlatan è al cinema dall’11 novembre. Scopri i segreti del campione. Leggi l’articolo!
di Nicholas David Altea
C’è sicuramente un legame stretto tra la fame atavica di cibo di Zlatan Ibrahimović e la sua fame di vittorie e successi. Sono due rette parallele che corrono veloci nella vita dello svedese, sia nell’iperattivo ragazzino tredicenne che nel diciassettenne in pieno sviluppo e crescita vertiginosa.
Due necessità primordiali che si completano, almeno per un certo periodo. Zlatan non manca mai di appetito. Quando torna a casa dal campetto, dopo aver corso a perdifiato, dribblato tutti e tirato calci a un pallone, la prima cosa che chiede appena entrato è: “Cosa c’è da mangiare?”. Lo chiede continuamente, anche nei momenti meno opportuni. Capiterà mentre è con suo papà Šefik alla cassa dell’IKEA, al momento di pagare un nuovo letto o mentre si stanno riposando durante il trasporto a casa del giaciglio.
Se da una parte, a casa della mamma Jurka un pasto più o meno caldo lo troverà ogni volta che vorrà, nel periodo in cui viene affidato al padre saranno giorni di magra e pance vuote. Al ritorno a casa, ovviamente affamato, pregava aprendo lo sportello del frigo, sperando di trovarvi qualcosa. Brutte notizie per il piccolo calciatore che aveva consumato tutte le sue energie sui campi e nelle strade di Rosengård: latte, burro, pane, una confezione da quattro litri di succo di frutta multivitamine e poco altro. Prodotti economici e poco sazianti.
Era capace di mettere a soqquadro l’abitazione pur di trovare da nutrirsi. Ma c’è un elemento che nel frigo paterno non mancherà mai: la birra. Anzi, le birre. Tante, in lattina e in pacchi da sei, solitamente di marca Pripps Blå oppure Carlsberg. La resistenza del piccolo arriva al limite, tanto che per ovviare alle eccessive bevute frequenti del padre e alla mancanza di viveri, decide di svuotare a sua insaputa le lattine nel lavandino per portarle a vendere alla raccolta differenziata. Corone immediatamente guadagnate e reinvestite per riempirsi lo stomaco. Quello stesso stomaco che grida e che fa crescere la sofferenza dentro di lui.
Nel periodo di militanza nel Malmö, la fame disordinata sarà sempre tenuta a bada grazie al ristorante del club in cui Ibrahimović si ingozzerà letteralmente. Oltre a fregare qualche dolce extra da nascondersi nella tuta, giusto per non perdere il vizietto. Saranno rare le volte in cui rifiuterà del cibo, ma sarà quello l’esatto momento in cui imparerà a controllare i propri bisogni e le necessità.
L’appetito da leone va gestito se vuoi essere un professionista. E questo è stato uno dei primi veri cambiamenti che lo porteranno a un regime di dieta rigido e serratissimo: carni bianche, bresaola, frutta, verdura ma niente pasta – questa è la linea che segue tutt’oggi sgarrando quasi mai. Nel frattempo la fame di risultati e crescita personale non si affievolivono nel giovane Ibra, bensì aumentavano, e gli obiettivi nella testa dello svedese si facevano sempre più definiti e precisi: essere il migliore. Però il calciatore, ma soprattutto l’uomo di oggi, non dimentica i momenti difficili, e lo dice anche nella sua biografia: “Il nostro frigorifero dev’essere pieno zeppo, lo ripeto in continuazione”.
La fame, per Zlatan, è benzina per le sue vittorie.
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Nicholas David Altea è giornalista, social media manager, web editor e direttore artistico.
Scrive per Wired Italia e Rumore. È social media editor di entrambe le testate ed è responsabile dei contenuti del sito Rumoremag.com.