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Ti West
Aspettando MaXXXine: 10 film per capire la X Trilogy di Ti West

Meno di un mese all’uscita di MaXXXine e alla conclusione della Trilogia di Ti West: ecco 10 grandi cult che l’hanno ispirata.

Di Carlo Giuliano*

I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano”. Negli ultimi anni questa massima è stata fatta propria da Quentin Tarantino, ma la sua paternità – pur con qualche differenza a seconda delle varianti – è da ricondurre a Pablo Picasso. Il senso è che un grande artista potrà senz’altro attingere, se non addirittura “cannibalizzare” da chi è venuto prima di lui, ma sempre con l’intento di appoggiarvisi, di riconoscerne l’importanza e così omaggiarla. Ma soprattutto, con l’obiettivo di rielaborare la refurtiva al fine di creare qualcosa di nuovo. Il cinema di Tarantino ne è esempio più lampante e incarna la differenza (abissale) che intercorre fra citazione e omaggio. Differenza che si ritrova ora nella Trilogia degli X diretta da Ti West.

Perché se è vero che viviamo nell’era del citazionismo estremo, del “chi più cita più intrattiene”, è senz’altro vero che Ti West non ha mai fatto mistero di voler attingere da ogni genere e sottogenere cinematografico possibile e immaginabile. Ma il materiale di partenza è cambiato radicalmente nel corso dei film. Prima X: A Sexy Horror Story nel 2022, poi Pearl lo stesso anno, ora MaXXXine in arrivo nelle sale con Lucky Red e Universal. Sembra quasi di assistere a una trilogia non canonica per la libertà con cui Ti West – che arriverà a Roma per presentare il film – ne ha costruito le sceneggiature, il radicale cambio di tono e il tema di fondo che potrete scoprire, quest’ultimo, solo andando a vedere MaXXXine dal 28 agosto.

La Trilogia degli X ha avuto storia produttiva e distributiva più o meno nota, più o meno travagliata, il che rende ancor più prezioso l’evento speciale che aprirà la distribuzione di MaXXXine già dal 20 agosto: una maratona al cinema di tutta la X Trilogy, compreso il mai distribuito Pearl. Il consiglio è di non perdervela e già che ci siete di tentare un giochino: quanti dei film che seguiranno sarete in grado di ritrovare nella trilogia di Ti West, ora come citazioni dirette ora come semplici suggestioni? E quanti altri ve ne verranno in mente?

Questa seconda è una domanda retorica. Risposta: tantissimi. 

The Texas Chain Saw Massacre (1974) di Tobe Hooper

Partiamo dai grandi classici. In Italia lo conoscete come Non aprite quella porta – solo uno dei tanti casi di traduzioni discutibili – ma oltre al valore evocativo del titolo originale, quando andrete a vedere MaXXXine ci troverete una vera e propria citazione diretta al classico di Tobe Hooper: “The Texas Pornstar Massacre”. Il riferimento è agli eventi del primo capitolo di Ti West, che cita il film del ’74 in molti modi. Una fattoria del Texas, un pulmino di giovani pronti a disturbarne la quiete, un massacro in agguato. A ben guardare, persino qualche inquadratura della grande casa padronale e addirittura la sua stessa planimetria sembrano identiche a quelle del ’74.

Il film di Tobe Hooper fu rivoluzionario in mille modi possibili. Stravolse il genere con l’introduzione della cosiddetta final girl, come Mia Goth è stata per Ti West. In un certo senso anticipò molti degli elementi caratteristici del genere slasher. Ma alla base di tutto c’era una denuncia politica mascherata da film horror, perché l’horror è sempre stato un genere fortemente politico: l’incontro-scontro di due visioni d’America, il Texas conservatore che fa scempio della generazione hippie e progressista all’affacciarsi degli Anni ’70. Tutte cose che torneranno, pur in modo diverso, attraverso il personaggio di Maxine Minx. 

Psycho (1960) di Alfred Hitchcock

Si dice che non ci sia stato regista più influente di Hitchcock nella storia del cinema, che sia stato in un certo senso il padre del cinema moderno e di un’infinità dei suoi escamotage narrativi, non solo nell’horror. Per esempio: dovunque vediate un’inquietante casa padronale sormontare su una collina, mentre dal basso di un lercio motel o di un fienile i malcapitati avventori si chiederanno cosa contenga, quel topos si deve a Psycho.

Certo, nulla di più distante di Janet Leigh dal prototipo di final girl: anzi, fu la personificazione sacrificabile del primo MacGuffin. Ma nel rapporto morboso fra Norman Bates e la malefica madre si ritrova parte di quel sottogenere noto come psycho-dibby, dove vecchiaia e brama di giovinezza vengono utilizzate in chiave mostruosa. Quindi sia nel genere di riferimento che nelle citazioni dirette – dall’auto che affonda nello stagno, al vero e proprio set del film di Hitchcock che ritroverete in MaXXXine – la X Trilogy è indissolubilmente legata a Psycho.

Boogie Nights – L’altra Hollywood (1997) di Paul Thomas Anderson

Come avrete capito, in questa lista di dieci film non troverete solo horror, banalmente perché la trilogia di Ti West è piena di sfaccettature e di stratificazioni tematiche. Il titolo del primo film conteneva due parole apparentemente contraddittorie: “sexy” e “horror”. Ma il richiamo immediato è al genere sexploitation e il momento storico del film – il ’79, l’avvento del mercato pornografico in VHS – rimanda immediatamente col pensiero a una delle pellicole più scorrette di PTA.

Scegliendo un impensabile Mark Wahlberg come protagonista – che regalerà invece una delle migliori prove della sua carriera – nel ’97 Paul Thomas Anderson decide di raccontare, appunto, “L’altra Hollywood”: quella del porno d’autore, che entrerà in crisi con l’avvento dell’amatoriale e di internet. Bene, anche Maxine vuole tentare la scalata di Dirk Diggler (Wahlberg), ma commette un grande errore, dimentica di una canzone dei Three Dog Night presente nella colonna sonora di PTA che recitava: “Mama Told Me Not To Come”. E cioè girare nel cristianissimo Texas, e non nella permissiva San Fernando Valley. 

Il mago di Oz (1939) di Victor Fleming

Ve l’avevo detto che sarebbe stata una lista atipica. Perché la domanda che potrebbe sorgere è più che lecita: quale può essere il nesso fra una saga horror slasher e film come Psycho, con la madre di tutte le fiabe per bambini? Oltre al fatto che così come Alice nel Paese delle Meraviglie, come tutte le fiabe anche Oz nascondeva temi e restroscena molto più oscuri e addirittura “lisergici” di quel che si potrebbe pensare, vi basti il mantra che Maxine andrà ripetendo per tutta la saga: “Non accetterò una vita che non merito”.

La Dorothy Gale di Judi Garland cominciava la sua avventura in una fattoria del Kansas e non del Texas, ma il paesaggio è simile; le ristrettezze simili; il desiderio di sfuggire a quella condizione, uguale. Ne Il mago di Oz si ritrova l’archetipo originale della fuga nel mondo dei sogni, del percorso dell’eroina che si ritrova in un mondo altro, molto più spaventoso che fiabesco, per poi fare ritorno a casa più consapevole e pronta alle intemperie del mondo. Certamente, al posto di gentili spaventapasseri e uomini di latta vedremo squartamenti ed eviscerazioni, ma se non è questa la storia di Maxine. E se non è questa la storia di Pearl…

Shining (1980) di Stanley Kubrick

Un ambiente confinato, una follia crescente, la convinzione di avere qualcosa di speciale rispetto agli altri (ma non esattamente in positivo) e quella voglia irrefrenabile di fare a pezzi la tua cara famigliola con un’ascia. Forse la verità vera è che non c’è regista che non abbia pensato a Shining mentre girava un nuovo horror. Che poi, proprio qui, sta tutto il valore dell’omaggio: riconoscere la grandezza di chi è venuto prima di noi. 

Se poi la novizia Jenna Ortega si mette a sfondare una porta di legno a colpi d’ascia per poi infilarci la testa esattamente come fece Jack Nicholson, la citazione in X: A Sexy Horror Story è presto servita. Forse il capolavoro horror di Stanley Kubrick non è il più immediatamente presente nella trilogia di Ti West, ma dal 20 agosto vi divertirete comunque a ravvedere un po’ di citazioni sparse qua e là.

C’era una volta a… Hollywood (2019) di Quentin Tarantino

L’abbiamo detto: molto del modo in cui Ti West costruisce le sue citazioni (comprese quelle a Tarantino stesso) l’ha imparate dal regista di C’era una volta a… Hollywood. Di Tarantino potevamo citare anche Kill Bill per qualche citazione diretta e l’ingiustamente bistrattato Grindhouse nel modo in cui omaggiò i b-genres che l’avevano cresciuto come spettatore. Ma in un certo senso, quando vedrete MaXXXine, avrete l’impressione di star assistendo al C’era una volta a… Hollywood che non fu. 

Perché quando Tarantino annunciò di voler girare un film sul Massacro di Cielo Drive, molti di noi tremarono. Come avrebbe potuto trattarlo senza offendere la memoria di Sharon Tate? Semplicemente parlando di tutt’altro, rendendo un grande omaggio alla grande follia hollywoodiana. Di contro, tra ville del terrore sulla Mulholland Drive e sette sataniche anti-divismo, MaXXXine ci andrà un po’ meno per il leggero. Ma lo spaccato di Hollywood resta, quanto mai fedele nella sua efferatezza.

Viale del tramonto (1950) di Billy Wilder

Per rimanere in tema Hollywood e della macchina schiacciasassi che è in realtà, MaXXXine inizia con una eloquente citazione di Bette Davis: “In questo mestiere, finché non sei conosciuto come un mostro, non sei una star”. E quando pensiamo a Viale del tramonto, lo associamo il più delle volte a un tema che fu prima di Singin’ in the Rain e più di recente di Babylon: il passaggio dal cinema muto al sonoro, con tutte le sue conseguenze sul ricambio dello star system. Ma la verità è che nella sua critica al divismo e al modo in cui si trasforma in una dipendenza, il film di Billy Wilder è incredibilmente più oscuro.

 La protagonista Norma Desmond – ex diva del cinema muto ora caduta in disgrazia, per cui fu geniale il casting di Gloria Swanson, che in parte aveva incontrato le stesse difficoltà – è un’attrice portata alla pazzia dalla fine del suo tempo. È qualcuno che, come Pearl e Maxine, non accetta una vita che non merita. E la reazione sarà delittuosa. Come la trilogia di Ti West si configura in realtà come un gigantesco ragionamento sullo star system, sull’appassire della giovinezza e sull’ossessione di fama, così c’è un po’ della citazione finale di Norma Desmond – “Eccomi De Mille, sono pronta per il mio primo piano” – nel difficilissimo e inquietantissimo primo piano dedicato a Mia Goth sui titoli di coda di Pearl.

Carrie – Lo sguardo di satana (1976) di Brian De Palma 

Per gli ultimi tre titoli di questa lista ci concentreremo su Pearl, considerato da alcuni (almeno finora) il migliore della trilogia. E in particolare sul rapporto con la terribile madre Ruth interpretata da un’ancor più terribile Tandi Wright. Di nuovo, Psycho, ma ancor di più il film che più di tutti trasformò la figura materna nel vero mostro della storia: Carrie – Lo sguardo di Satana.

Piper Laurie nei panni di Margaret White è uno dei personaggi più esecrabili della storia del cinema, non di rado inserita nella classifica dei villain più odiosi. Il rapporto dittatoriale con sua figlia Carrie (Sissy Spacek), frutto a sua volta di un rapporto di coppia irrisolto e di un oscurantismo bigotto senza precedenti, trova grandi somiglianze in Pearl. Da un lato una figlia che chiede solo di vedersi allentata la presa; dall’altra una madre consapevole (e impaurita) dall’oscurità che quella figlia porta con sé. Ecco, se il matricidio è il più orrendo dei crimini, di fronte a certi personaggi viene difficile condannarlo.

Hereditary (2018) di Ari Aster

Non ci dimentichiamo che la Trilogia degli X è una produzione A24 e in questo, un racconto profondamente nel solco della casa indie (che poi indipendente non lo è più ormai grazie alla nomea costruita negli anni in quanto a sinonimo di qualità). A24 ha molto scommesso sull’horror, e su una tipologia molto specifica di horror, quasi a creare un universo narrativo-produttivo in cui la fanbase si divertirà a cercare somiglianze e analogie.

E sempre per rimanere nel rapporto con la madre, sembra che Ti West abbia voluto citare non solo dal grande cinema del passato ma anche da una delle scoperte più recenti di A24: l’ormai consacrato Ari Aster. Tutti ricorderanno la scena intorno al tavolo di Hereditary in cui Toni Collette scatta di rabbia contro i suoi figli, ricordando loro con occhi iniettati di sangue: “Io sono tua madre, non ti permettere mai più di assumere questo tono con me!”. Se andrete al cinema il 20 agosto per la maratona degli X, vi sfidiamo a non trovare la fortissima somiglianza con Pearl.

Una serie bonus: La casa nella prateria (1974-1983)

Uno dei modi in cui la Trilogia degli X ha più dimostrato la sua libertà creativa, narrativa e stilistica si ritrova nel radicale cambio di tono cui assistiamo nel passaggio dal primo al secondo film, pur essendo ambientati nello stesso set. La fattoria degli orrori che prima ci ricordava Tobe Hooper, nella fotografia come nei colori, si ritrova in Pearl circondata da un’aura abbacinante, fiabesca appunto, in cui le oche e le galline scorrazzano libere nel praticello di casa. Il che rende ancor più inquietante la prevedibile escalation omicida.

In questo, la serie cult andata in onda sulla NBC è l’esempio perfetto per rappresentare una trilogia completamente anarchica, che prende le sue innocenti protagoniste vestite di salopette e le trasforma in omicide e pornoattrici. Alle volte, in entrambe le cose. “La casa nella prateria” è diventato qualcosa di più del titolo di una serie, quanto piuttosto il modo per descrivere una situazione tranquilla che in realtà nasconde la retorica bigotta e conservatrice d’America.

Quindi forse MaXXXine non è esattamente un film per famiglie. Ma di certo e neanche troppo ironicamente, potrebbe far riflettere persino una famiglia “da casa nella prateria”.

 

*Nato a Roma nel 1999, critico cinematografico e creator passato per web, cartaceo, social media, televisione, radio e podcast. La prima esperienza a 15 anni come membro di giuria per la XII Edizione di Alice nella Città. Dal 2019 si forma presso il mensile cartaceo Scomodo, di cui coordina anche la rete distributiva in tutta Italia. Nel 2022 svolge un master in podcasting presso Chora Media, cicli di lezioni nei licei con il Museo MAXXI ed è il vincitore del Premio CAT per la critica cinematografica. Ha collaborato con le pagine del Goethe-Institut e del Sindacato Pensionati CGIL. Dal 2021 scrive stabilmente per CiakClub, di cui è Caporedattore e principale creator.
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