Con Decision to leave, dal 2 febbraio in sala, Park Chan-wook ci regala un raffinato thriller sentimentale che omaggia il Cinema di Hitchcock, richiamando in particolare il capolavoro Vertigo. L’analisi di Anna Maria Pasetti.
L’amore per Hitchcock non l’ha mai nascosto. Così come per altri grandi maestri del cinema a partire dal “nostro” Luchino Visconti. E tuttavia è il signore del brivido, e in particolare il suo Vertigo (La donna che visse due volte) che Park Chan-Wook sembra voler celebrare attraverso alcune scene della sua nuova fatica, Decision To Leave, premiata come miglior regia all’ultimo Festival di Cannes. A suggello di un’ispirazione hitchcockiana che pervade gran parte della sua filmografia per linguaggio, temi, ambiguità e ossessioni.
La rivelazione è arrivata direttamente da Park alcuni mesi fa, seppur velata di quel sano mistero che evita lo spoiler e si colloca in coerenza al suo cinema e al suo spirito, come giustamente a quello del suo mentore, di cui si ricordano i leggendari quanto ironici cartelli “Non svelate il finale, è l’unico che abbiamo” personalmente esposti al pubblico in coda per vedere Psycho.
Così il regista di Old Boy, per non smettere di sorprendere i propri spettatori, e anzi per spiazzarli del tutto, dice, non dice e un po’ si contraddice: «Dopo averlo girato e montato, mi sono accorto di alcune involontarie citazioni da Vertigo, e tuttavia se non avessi mai visto Vertigo è probabile avrei girato ugualmente quelle scene… in ogni caso il mio attore protagonista Park Hae-il è una sorta di Jimmy Stewart sudcoreano».
Ma quali potrebbero essere le “scene” del classico di Hitchcock del 1958 citate più o meno consciamente in Decision To Leave, lasciando così agli spettatori la curiosità di rintracciarle?
Una delle sequenze più iconica e adrenaliniche di Vertigo è senz’altro quella di apertura di questo capolavoro seminale in cui il protagonista, il poliziotto e avvocato John Ferguson (Stewart), insieme ad altri colleghi è impegnato in un inseguimento correndo sui tetti di San Francisco: saltando da un tetto a un altro scivola, si aggrappa alla grondaia, guarda terrorizzato il precipizio sottostante mentre cerca aiuto. Un collega gli porge una mano per sollevarlo ma in quel frangente è lui a precipitare nel vuoto, sbattendo sul suolo e imprimendo sul pavimento la propria sagoma. Una scena “maestra”, ma soprattutto un concetto di verticalità in altitudine, che s’incide visivamente in Decision To Leave sia in maniera specifica che complessiva.
Un altro elemento topico – e simbolico – ne La donna che visse due volte è proprio l’idea grafica del vortice, diversamente applicata a immagini, figure, dettagli. Non a caso il peggior incubo del protagonista è il vuoto in cui essere ingoiati come in un vortice infernale. Anche nel film di Park Chan-wook sono presenti alcuni vortici, espressi nella forma di ingorghi d’acqua, ma non solo.
Come si diceva però, è indubbio che di là delle sequenze puntuali e del rapporto stretto con Vertigo, la relazione tra il cinema di Chan-wook e quello di Alfred Hitchcock pertenga soprattutto alle ambiguità visive legate al genere noir/thriller/giallo con elementi di melodramma, per esprimere le quali il grande cineasta sudcoreano non ha potuto che imparare e farsi costantemente ispirare dall’immenso maestro britannico.