La regista Francesca Archibugi e il protagonista Claudio Bisio raccontano Gli Sdraiati, il film tratto dal bestseller di Michele Serra. Ora al cinema!
La regista Francesca Archibugi racconta com’è stato non solo raccontare, ma interfarcciarsi tutti i giorni con un cast adolescente, rappresentante della generazione degli Sdraiati.
Avere sul set attori adolescenti alla prima esperienza è come amplificare il racconto del film. Complicarsi felicemente la vita. Devono andare a prepararsi, e spariscono per comprarsi la pizza. Devono imparare le battute a memoria, e fingono d’averlo fatto,bofonchiano. Devono mettersi una felpa, e non gli piace il colore.
Nonostante mi rispettino, come la coach di uno sport estremo, una professoressa imperscrutabile di filosofia, sentono anche l’inclinazione materna e se ne approfittano. Le leve che ho per manovrarli, più che dirigerli, è entrare nel pensiero del personaggio.D’altronde si fa con i personaggi di ogni età. Dirigere gli attori è raccontargli bene cosa stanno pensando.
Fin dalla lettura del romanzo di Michele Serra, Claudio Bisio racconta di essersi riconosciuto nelle dinamiche padre/figlio al centro de Gli Sdraiati. Ne ha tratto un monologo teatrale di successo, e per questo si sentiva prontissimo a impersonare Giorgio sul grande schermo. L’unica cosa che non aveva calcolato? La vita su un set pieno di adolescenti!!!
Appena terminata la lettura delle bozze del libro de “Gli Sdraiati” avevo chiamato Michele reclamando i diritti siae: era evidente che avesse spiato le dinamiche di casa Bisio! Da un paio di anni, infatti, al posto dei miei figli (amorevoli e adoranti) c’erano due extraterrestri (scontrosi e polemici) che stentavo a riconoscere e il mio castello di sicurezze genitoriali si stava sgretolando in frasi che non avrei mai pensato di sentirmi dire (una per tutte: “Questa casa non è un albergo”). E così nacque “Father&Son”, un monologo costruito con il regista Giorgio Gallione, partendo dallepagine di Serra. Oltre 200 repliche (che tra l’altro riporterò in scena da metà dicembre), durante le quali ho condotto un finto dialogo con il mio adolescente di riferimento e ho sentito il pubblico (adulti e adolescenti) riconoscersi, ridere e – infine – commuoversi.
Quando Francesca Archibugi mi ha proposto di essere il padre dei suoi Sdraiati, ho pensato che sarebbe stata una passeggiata. Avevo alle spalle mesi di tournée, che ci voleva? Avevo sottovalutato il fatto che al cinema tutto ciò che a teatro o sulle pagine di un libro può essere solo evocato deve prendere corpo e che quindi mi sarei confrontato con una moglie (Sandra Ceccarelli), degli amici (Gigio Alberti, Federica Fracassi, per citarne alcuni), ma soprattutto un figlio (Gaddo Bacchini) e il gruppo dei suoi amici. Insomma, per sei lunghe settimane sarei stato
circondato da adolescenti. E sul set il cortocircuito realtà-finzione a tratti ha avuto il sapore di una terapia analitica.
Adesso aspetto il commento di mio figlio, quello vero. Il massimo? Uno smozzicato “Pà… ci sta.”