Scelte musicali ambiziose, capaci di sottolineare il clima da Tragedia antica di un film fuori dagli schemi: Il Sacrificio del Cervo Sacro conferma il coraggio e il talento di Yorgos Lanthimos anche con la sua colonna sonora. Ora al cinema.
Di Anton Giulio Onofri
Ne Il Sacrificio del Cervo Sacro di Yorgos Lanthimos non sono solo le atmosfere ansiogene e il modo di usare la macchina da presa a ricordare Shining e più in generale il cinema di Stanley Kubrick. La casa perfetta e fastosamente arredata della coppia Colin Farrell/Nicole Kidman, e i segreti che hanno da nascondersi reciprocamente, sono senz’altro simili a quelli della coppia Kidman/Cruise, protagonista di Eyes Wide Shut. Ma c’è un altro elemento, drammaturgicamente essenziale, che accosta il metodo di lavoro del regista greco al modello di Kubrick: l’uso della musica.
Come Kubrick, anche Lanthimos sceglie di utilizzare musica già esistente, senza commissionare una nuova colonna sonora, per avere fin da subito in mente che sapore e che taglio dare alle inquadrature e alle sequenze del film prima di girarle, o con quale ritmo editarle in seguito.
Se per aumentare il tasso di angoscia e strisciante terrore di Shining Kubrick aveva optato per brani di compositori dell’avanguardia storica come Béla Bartok, o contemporanei come György Ligeti e Krzystof Penderecki, anche Lanthimos punta sulla natura sonora della musica colta del tempo presente per estenuare il clima di tensione che progressivamente distrugge l’equilibrio fisico e psichico di una tranquilla e benestante famiglia dell’Ohio: l’atonalità della musica contemporanea provoca nello spettatore uno spaesamento e un’assenza di riferimenti certi e confortevoli (come accade invece con la musica ‘classica’, basata sulla tonalità, sull’armonia e sulla regolarità del ritmo) adattissima a proiettarlo direttamente nel cuore della tragedia con una crescente sensazione di disagio.
Nella colonna sonora de Il sacrificio del cervo sacro troviamo György Ligeti (le cui musiche Kubrick aveva usato non solo in Shining, ma anche in 2001: Odissea nello Spazio e Eyes Wide Shut) con il secondo movimento, Lento e deserto, dal suo Concerto per pianoforte e orchestra, insieme alla grandissima compositrice russa Sofia Gubaidulina, classe 1931, 87 anni il prossimo ottobre: per lei la musica è stata unico conforto e rifugio dall’oppressione del Regime Sovietico, e la cupezza magmatica che la caratterizza esprimono un desiderio di spiritualità e un’introspezione psicologica di rara e vigorosa potenza.
Et Expecto, De Profundis, Fachwerk, Rejoce!, brani in cui la Gubaidulina mescola l’elettronica a strumenti tradizionali del suo paese, sembrano scavare tra le immagini di Lanthimos un solco profondo e ineluttabile, come un’eco dell’antica tragedia di Ifigenia cui il film fa riferimento.
A incorniciare il dramma antico, i cui versi originali di Euripide sono addirittura evocati nella sceneggiatura premiata a Cannes e firmata dallo stesso Lanthimos insieme a Ephtimis Filippou, le sequenze d’inizio e di coda sono commentate da due brani corali di musica tedesca del ‘700 e dell’800, che al sacrificio pagano di una fanciulla innocente accostano la sacralità del sacrificio di Gesù Cristo morto crocifisso per la redenzione di tutti gli uomini: lo Stabat Mater di Franz Schubert, basato sul testo di Jacopone da Todi (qui tradotto in tedesco) che illustra la disperazione di Maria ai piedi della croce, e il poderoso, agitato, solenne coro di apertura della Passione secondo San Giovanni di Johann Sebastian Bach.
Scelte musicali alte, difficili, eppure efficacissime sotto il profilo spettacolare, testimonianza delle intenzioni serie e ambiziose di uno tra gli autori più audaci e coraggiosi del cinema di oggi.