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Il cinema nel cinema di May December, la variante che mancava

Sono tanti i film che parlano di cinema nel cinema, ma visioni metacinematografiche nuove si stanno affacciando: May December è una di queste

Di Carlo Giuliano

Quanto cinema nel cinema potete dire di aver visto negli ultimi anni? Quante volte abbiamo visto un attore interpretare a sua volta un attore, nella storia del cinema? Sicuramente molte. Ma negli ultimi dieci anni questo argomento ha intrigato molto Hollywood, e non solo.

Perché questa tendenza? Spesso non ce lo chiediamo, perché le pellicole metacinematografiche solleticano ogni amante del cinema. Perché omaggiano quello stesso amore che ha anche lui, o perché gli rendono chiari inceppi e zone d’ombra che forse aveva solo intuito. May December, il nuovo film di Todd Haynes con Natalie Portman e Julianne Moore, in uscita dal 21 marzo, si colloca probabilmente nel secondo gruppo.

Il metacinema 

Il metacinema ammalia, e non è un caso che “seducente” sia proprio uno degli aggettivi più giusti per parlare di May December. Proprio Natalie Portman, nel corso di un’intervista, ha detto qualcosa di molto interessante sul ruolo attuale di chi fa cinema nel riflettere su questo moltiplicarsi di storie che a loro volta riflettono sul cinema. Ma in cosa il film di Todd Haynes si discosta da questo filone? Per capirlo è utile ripercorre due titoli, rispettivi rappresentanti di quelle due correnti del metacinema che abbiamo visto esplodere negli ultimi anni.

Da The Fabelmans a Babylon

Da un lato ci sono film come The Fabelmans, film in cui è spesso il grande autore, qualcuno che ha cambiato la storia del cinema, ad assumersi la responsabilità di creare un racconto metacinematografico che dica innanzitutto qualcosa su di sé, ma in secondo tempo anche qualcosa su tutti gli altri. Sono spesso storie autobiografiche, testamentarie, in cui l’autore mostra com’è nato quel suo cinema che tanto amiamo. Sono storie piene d’amore per il cinema, sono omaggi. E in questo The Fabelmans è stato sicuramente uno dei casi più felici.

Ma poi, proprio in risposta, non come qualcosa che arriva a contraddire ma piuttosto a completare, a raccontare il secondo pezzo che mancava, è arrivato un film come Babylon, presto divenuto simbolo di quei film che raccontano quanto il cinema possa essere anche un mondo pieno di lati oscuri e di inganni. Film che aggiungono un nonostante alla formula The Fabelmans: “Sì, amiamo il cinema, nonostante tutto”.

Tra questi due poli si collocano altre storie, altre riflessioni: May December è una di queste.

Il cinema nel cinema di May December

Entriamo nel racconto di Haynes: Gracie (Julianne Moore) è finita anni prima in uno scandalo – e poi in prigione – per una relazione con Joe (Charles Melton), un ragazzo molto, troppo più giovane di lei. Dopo un’infinità di film televisivi di bassa lega, la sua storia torna ora nella sfera d’interesse di un nuovo progetto indipendente con un’attrice di punta, Elizabeth (Natalie Portman). Compito di Elizabeth sarà quello di affiancare passo passo Gracie, studiarla, imitarla. Promette di incapsularla al massimo, di cogliere e poi rappresentare la vera Gracie, di renderle giustizia. Ma ci riuscirà? E soprattutto, vorrà farlo davvero?

La dimensione matacinematografica di May December è subito evidente. Ma la prima novità è che non vedrete camere, non vedrete registi, set o fondali. Vedrete ciò che avviene prima, la preparazione attoriale, qualcosa che si colloca nel mezzo della pre-produzione e della produzione vera e propria e che infatti non viene mai affrontata. Ma che è, soprattutto quando si parla di biopic, soprattutto in un mondo come Hollywood fissato col method acting, cruciale. Pensate che – si racconta – pare Robert De Niro avesse trascorso sei mesi della sua vita a lavorare gratis in un’acciaieria per meglio prepararsi al suo ruolo ne Il cacciatore di Michael Cimino. E neanche lo vediamo mai in fabbrica, in tutto il film; però lui era convinto che sentirsi addosso quel calore, quel peso, fosse una parte fondamentale del personaggio. Qualcuno potrebbe dire si sia trattata di un’ossessione… forse è solo una leggenda.

Ecco, quella di Elizabeth viene messa in mostra come un’ossessione sulle cose futili. Perché anche lei, in realtà, sta creando il simulacro non davvero della persona che ha davanti, ma sulla Gracie immortalata sui rotocalchi e le riviste scandalo.

Un metacinema indie

La seconda novità è che la metacinematografia raccontata da May December è quella dei progetti indie impegnati, in un film di Todd Haynes che è stato, di fatto, una produzione indipendente. Come ha detto Natalie Portman: “È stato molto bello potersi imbarcare in un film indipendente fatto da Todd Haynes, che raccontava di un film indipendente. Per chiunque altro che non fosse Todd, girare un film del genere sarebbe stato terrificate e infattibile. L’abbiamo girato in 23 giorni, con un budget minuscolo. La visione e la leadership di Todd e il fatto di essere di tale ispirazione l’hanno resa la migliore esperienza possibile. Da che avevo la sensazione che non avremmo avuto tempo e soldi per farlo come volevamo, ho sentito che avevamo tutto il tempo del mondo e tutto ciò di cui avevamo bisogno”.

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