A Venezia 81 Maura Delpero ha presentato la sua opera seconda, Vermiglio, dal 19 settembre al cinema, accompagnata dai protagonisti del film.
Il 19 Settembre arriva al cinema con Lucky Red Vermiglio, il nuovo film di Maura Delpero ambientato nell’ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale. “Una storia collettiva e individuale allo stesso tempo” che nasce come omaggio al padre della regista, da un’idea scaturita da un sogno. “Poco dopo la sua morte, mio padre mi è apparso in sogno come un bambino di 6 anni. Non lo avevo mai conosciuto così, sembrava molto felice e stava nella casa della sua infanzia” ha raccontato Delpero in conferenza stampa a Venezia 81, dove il film è stato presentato in anteprima.
“Lui è cresciuto in un paesino dell’alta Val di Sole come tutta la sua famiglia. E, seguendo lui, ho iniziato a scrivere il film” ha aggiunto, spiegando che di solito segue i “movimenti dell’anima” per inseguire dei fili narrativi e raccontare una storia sullo schermo. “In questo caso ho cercato di immaginare persone e posti che conoscevo benissimo in un momento in cui non li ho mai conosciuti. Essendo mio padre molto piccolo nel sogno, mi ha dettato il tempo in cui ambientare il film. Erano anni di passaggio, di grandi cambiamenti, al termine dei conflitti mondiali e credo che si possa leggere tutto questo nella stratificazione del film. Il passaggio dal collettivo all’individuale, dal paese alla città, e nella storia centrale c’è una sorta di paradosso: mentre la macrostoria trova la propria pace, la famiglia perde la propria”.
Siamo nel 1944 e un soldato ferito raggiunge la piccola cittadina di Vermiglio, vero paese natale del padre di Maura Delpero. Il suo arrivo sconvolge la vita della ristretta comunità, in particolare un insegnante e la sua famiglia la cui quotidianità subisce alcuni cambiamenti. La maggiore delle figlie si innamora del soldato e decide di sposarlo. “I bambini sono una sorta di coro, come nelle tragedie greche, un commento a ciò che succede. In generale il linguaggio del film lavora su questa prospettiva di sguardo, spesso si inquadra qualcuno di cui parliamo, questo perchè nelle grandi famiglie questo avviene sempre. Le famiglie sono composte da individui che vivono all’interno di un collettivo. Mi interessava in particolare analizzare il punto di vista dei bambini che è sempre universale e ci porta a ritornare a uno sguardo più pascoliano del fanciullino, ma anche ironico, per stemperare e dare al film più toni” ha sottolineato la regista che firma anche la sceneggiatura.
Vermiglio è il suo secondo film dopo Maternal che ha ricevuto diversi riconoscimenti come opera prima nel 2019. Torna infatti nella cinematografia di Delpero il tema della maternità, come lei stessa ha ammesso in conferenza stampa. “Ho realizzato, a posteriori, che nei miei lavori c’è un fil rouge che riguarda la maternità più complessa, anche come metodo di superamento come nel caso di Lucia. Una figlia che dapprima rappresenta inganno e dolore, poi diventa un un tesoro e una spinta verso il futuro, ma anche il motore di emancipazione nel suo caso” ha detto la regista, aggiungendo: “Lucia diventa per necessità una donna dei tempi futuri, non accetta la vittimizzazione in paese e le sue azioni, quando subisce la tragedia, sono per non soccombere alla società. La fuga nella natura per lei è come rifugiarsi in un utero muto dove non si esprimono opinioni patriarcali, e la decisione finale di riprendere la sua vita in mano e cambiarla”.
A fare da sfondo a questa storia organizzata in quattro capitoli un remoto villaggio che diventa un co-protagonista e permette di accogliere lo spettatore in un’atmosfera suggestiva. “Ho scelto questa location per la mia storia familiare, ma anche perchè amo gli spazi chiusi e questo posto mi permetteva di concentrarmi su una piccola comunità e di parlare della guerra, mantenendola fuori campo e di raccontare come una piccola comunità possa essere toccata da un evento privato che però racconta un evento pubblico che è la guerra. Nel film c’è una dualità tra macro e micro, sia nella storia che nella fotografia” ha precisato Delpero.
Tommaso Ragno – Cesare nel film – durante la conferenza stampa ha condiviso le sue riflessioni sull’esperienza: “Bisogna farsi rapire dalla voce antica di Maura. Il film ha delle cose di un mondo perduto, mitico, e solo così sono riuscito ad accostarmi al processo di lavoro. Il mio personaggio è un padre, ma ho pensato non in maniera logica ma poetica, e la forza del luogo ha contribuito molto. La montagna è molto bella, ma può essere anche sorprendentemente soffocante o spirituale”.
Per prepararsi al ruolo di Lucia, Martina Strinsi ha adottato un approccio pragmatico: “Ho studiato molto, ho letto molti libri sulla Val di Sole, mi sono documentata sulla vita dei contadini in quelle zone, compreso il calendario rurale delle famiglie di quegli anni. Ho imparato a mungere, a ricamare e anche il dialetto che non è il mio. Io vengo dal teatro e l’approccio con la regista era molto importante”.
Giuseppe De Domenico, che veste i panni del giovane soldato ferito, ha infine concluso: “Per la postura del personaggio mi sono ispirato a un archivio fotografico del mio bisnonno che era un paracadutista della seconda guerra mondiale, per l’eleganza anni 40 invece ho rivisto il film Casablanca, e infine ho tenuto conto di un grande rispetto e fiducia nella visione di Maura”.
Foto: La Biennale di Venezia