Dal 1 gennaio al cinema, il biopic in cui Robbie Williams è una scimmia nasconde più piani di lettura: ecco cosa troverete in Better Man.
Se è vero che ogni anno nuovo ci si ripromette di diventare le versioni migliori di noi stessi, allora non c’è miglior modo che inaugurare il 2025 andando al cinema a vedere Better Man, il nuovo biopic musicale sulla vita e la carriera del grande Robbie Williams, dal 1 gennaio in tutte le sale.
Per molti, Robbie Williams non ha bisogno di presentazioni: il cantante solista con il maggior numero di vendite nella storia del Regno Unito, 90 milioni di dischi venduti nel mondo, 14 singoli e altrettanti album piazzati al primo posto delle Official Charts, l’artista più ascoltato e il più trasmesso nelle radio britanniche nel decennio 2000. Ma la sua carriera inizia, appena 16enne, già negli Anni ’90, e quindi Better Man contribuisce ad alimentare una curiosità sempre più viva, nel mondo dell’intrattenimento, verso gruppi giovanili nati alla fine dello scorso millennio, in Italia come all’estero. Basti pensare, di recente, al successo travolgente di una serie come Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883, che ha riportato i brani del duo nostrano sulla cima delle classifiche.
Better Man sortirà sicuramente lo stesso effetto, portando un vento di nostalgia nei cuori di chi ne ha sempre ascoltato i pezzi, ma convincendo altresì nuovi potenziali ascoltatori. Ma non si limita a far questo. Perché Better Man nasce da un’idea narrativa assolutamente originale, come solo poteva venire in mente a un eccentrico come Robbie Williams. E perché a dirla tutta, Better Man è un film che parla di tante cose, di un luogo, di un’epoca, di una storia individuale che diventa però invito universale: a diventare, appunto, persone migliori.
Di cosa parla Better Man?
Better Man è innanzitutto un biopic musicale e con tutti gli stilemi del classico biopic musicale. Robbie Williams apre certamente il suo cuore, al suo pubblico, come forse mai aveva fatto prima; ma la sua opera non passa assolutamente in secondo piano, anzi. Ce ne accorgiamo fin dalla locandina del film, che i più attenti avranno riconosciuto come un omaggio alla copertina del suo album del 1997 intitolato Life thru a Lens. Sarà solo il primo della moltitudine di album, brani e storici videoclip che ritroverete, cantati o richiamati, in Better Man. Per i fan della prima ora sarà come un gioco all’easter egg, una caccia al tesoro.
Perché nel corso della sua carriera Robbie Williams è stato anche un grande artista nel campo della moderna scienza del videoclip, sempre più importante a partire da quegli anni e dall’avvento MTV. Grandi registi contribuirono alla realizzazione dei videoclip di Williams ed è quindi doppiamente interessante che lui abbia chiamato un regista come Michael Gracey per dirigere questo biopic. Prima di girare The Greatest Showman, il regista australiano ha infatti avuto una lunga carriera nel settore dei videoclip e questo si vede in Better Man: un grande, ritmatissimo ed esagerato videoclip musicale della durata di due ore. Nel mezzo, tutto il britpop uscito fuori da quella finestra di tempo in quella parte di mondo, le boy-band come i Take That, ma anche gli storici Oasis con cui Williams ebbe lungo rapporto di amore-odio.
Si dice che il genio è sempre folle, è sempre sregolato, sempre eccentrico. Questo è sicuramente e doppiamente vero con Robbie Williams, che per molti anni fu la rappresentazione ultima del binomio “giovinezza e sregolatezza”. Come dice anche lui nel film: “La tua età si ferma quando diventi famoso, quindi per anni ho sempre avuto 15 anni”. Questa eccentricità si ritrova ovviamente nella scelta più peculiare e originale che ha reso Better Man, evidentemente, non un biopic come gli altri. E cioè che al posto di Robbie Williams, sullo schermo, troverete una scimmia con le sue fattezze. Tutti gli altri personaggi sono umani, lui è l’unica scimmia e nessuno all’interno del film fa riferimento a questa differenza. È così e basta.
Una fantastica scimmia in CGI che canta con la sua voce, parla come lui, si muove esattamente come lui. È lui, gli occhi in particolare sono praticamente indistinguibili. Questo anche grazie alla maestria di Michael Gracey, che oltre al passato nei videoclip è stato per anni un artista della VFX (effetti visivi) e ci regala qui, senza esagerare, la scimmia più antropomorfa e fotorealistica che si sia mai vista al cinema. Ma ora vi chiederete da dove sia nata l’idea. Ovviamente c’era la voglia di fare qualcosa di diverso, di inserire quel dettaglio di unicità che rispecchiasse anche quella di Williams. Ma la motivazione più sincera di tutte l’ha data il cantante stesso: “Ho scelto una scimmia perché ho sempre pensato di essere meno evoluto degli altri”.
Robbie Williams è un artista profondamente legato al Regno Unito: a una condizione sociale, un certo accento, un certo modo di fare che lui non ha mai nascosto. Anzi, ne ha fatto segni distintivi. Allo stesso modo, Better Man è un film profondamente britannico. Lo è nelle ambientazioni, nelle tipiche casette a schiera in mattoni rossi e due piani che ritroviamo anche sull’album Favourite Worst Nightmare (2007) degli Arctic Monkeys. Lo è nella rappresentazione di questa low-middle class della provincia inglese, sotto-alfabetizzata, che ha il pub di quartiere come unico luogo di socialità e ritrovo. Molto del film insiste infatti sulla storia familiare di Robbie Williams, è cruciale nelle scelte di vita che avrebbe fatto e nei traumi che si sarebbe portato appresso.
Proprio i genitori gestivano un pub a Stoke-on-Trent, località nella contea dello Staffordshire con un’economia basata sulla piccola impresa e l’industria dell’artigianato. E questo padre, il fantasma che Williams avrebbe rincorso come fosse l’ombra di se stesso e col quale si sarebbe poi riappacificato. Quest’uomo vestito da poliziotto che canta My Way di Frank Sinatra da un piccolo televisore, rappresentazione di un’Inghilterra che un tempo fu impero coloniale dei (non ancora) Stati Uniti, e che poi ha visto invertirsi le coordinate, trasformata in colonia culturale e sorella minore. C’è un po’ tutto il tema degli eterni secondi, nella storia recente del Regno Unito e quindi anche nella vita di Williams.
Dal momento che l’idea e il desiderio di fare questo biopic è nata da Robbie Williams stesso, si potrebbe pensare a Better Man come a una gigantesca autocelebrazione dell’artista che si rifiuta di affrontare, invece, l’uomo difficile che è stato per tanto tempo. D’altronde, non sono molti i biopic musicali su figure ancora in vita e nati su input dell’artista stesso. Ma vi stupirà sapere – o forse no, se conoscete davvero Robbie Williams e sapete cosa aspettarvi da lui – che Better Man è proprio l’opposto. Fin dal titolo, è innanzitutto un’autoriflessione sull’uomo, una seduta di psicologia in cui Williams affronta tutto ciò che ha nascosto sotto il tappeto per tanti anni e chiede letteralmente scusa, su schermi, a quanti ha fatto soffrire più o meno consapevolmente.
C’è la sua storia familiare, il rapporto con la madre di origini irlandesi e quello con la nonna. C’è la difficile relazione con Nicole Appleton e l’elaborazione del suo aborto, l’amicizia con Liam Gallagher e le inimicizie con gli altri membri dei Take That. C’è ovviamente l’intero rapporto con le dipendenze e il percorso di riabilitazione che Williams affronta su schermo senza paura, senza nascondersi. C’è tutto quello che avreste voluto sapere su Robbie Williams e vi siete sempre chiesti. Ma soprattutto, c’è la risposta alla madre di tutte le domande che vi siete sempre posti: “Chi è Robbie Williams?”.
L’unicità di Robbie Williams potrebbe far pensare a Better Man come a un biopic personalistico e difficilmente, se non empatizzabile, quantomeno immedesimabile. Ma di nuovo: fin dal titolo e per la natura stessa del percorso di miglioramento messo al centro del film, Better Man è una storia che parla a tutti, anche se non avete venduto 90 milioni di dischi nella vostra vita. Perché pur nella sua sfrontatezza, questa è una cosa che Robbie Williams ha ben presente in mente: che non ci sono ferite che fanno più o meno male, che ciascuno ha le proprie e il giudizio su come le affrontiamo dovrebbe essere sospeso.
Robbie Williams ci chiede di non giudicarlo, ma nel farlo sta invocando lo stesso per noi, in nostra vece. Come ha detto nel corso di un’intervista: “Sono troppo e mai abbastanza. Sono un sacco di cose diverse, come chiunque altro. È il lavoro di una vita. Non ti è concesso un giorno libero nel cercare di migliorare te stesso. E se non provi a migliorare te stesso… a che serve?”. O come ha detto Michael Gracey: “Il potere del film e la possibilità di immedesimarsi sta nel fatto che non è stato addolcito. Abbiamo tutti fatto e detto cose di cui ci vergogniamo e credo che mostrarle sia rinfrancante”.
Se nel 2025 vorrete essere persone migliori, Better Man vi aspetta al cinema dal 1 gennaio, proprio allo scoccare del nuovo anno.