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Michael Caine e Glenda Jackson, una coppia veterana in Fuga in Normandia

Tratto da una storia vera, Fuga in Normandia diventa specchio metatestuale di due carriere magnifiche: quelle di Michael Caine e Glenda Jackson.

Di Carlo Giuliano*

Nel cinema, alle volte, si verificano delle rare coincidenze per cui la premessa narrativa, la cornice che circonda i protagonisti, diventa specchio di carriera degli attori che li interpretano. Per Michael Caine e Glenda Jackson infatti, Fuga in Normandia rappresenta un congedo – dalla professione per lui, dalla vita stessa per lei – ma è anche e proprio questo a rendere questo film ancora più commovente.

Perché partendo dalla storia vera di un veterano della Seconda Guerra Mondiale alla fine dei suoi giorni, consapevole di avere forse un’ultima occasione per partecipare alle commemorazioni del D-Day, Fuga in Normandia avrebbe anticipato il tramonto di due attori magnifici, ultimo tassello di carriere sconfinate. Ma al contempo un film pacifista nel vero senso della parola, come solo gli ultimi rappresentanti di una generazione veterana ci saprebbero trasmettere. Ci mancheranno. Anche per questo, non solo per questo, Fuga in Normandia è un film da vedere, dal 20 giugno al cinema. Perché sarà l’ultimo film per Glenda Jackson e Sir Michael Caine.

Il tramonto di due carriere sconfinate

Diretto da Oliver Parker, uno che nella vita ha iniziato come attore negli Hellraiser e ha diretto film come L’importanza di chiamarsi Ernest (2002) e Dorian Gray (2009), Fuga in Normandia è il primo (e ora anche ultimo) film – c’era stato Secret Love nel 2021 – a riportare Glenda Jackson su schermo dopo oltre 30 anni di assenza. Due volte Premio Oscar come Miglior Attrice nel 1971 e nel 1974, rispettivamente per Donne in amore e Un tocco di classe, Glenda Jackson ha lavorato fra UK e USA con registi del calibro di Peter Brook, Ken Russell, Damiano Damiani, Richard Fleischer e Robert Altman. 

Una carriera iniziata nel 1956 e conclusa bruscamente nel 1989, per inseguire una giusta causa che non immaginereste mai: la politica. Eletta in Parlamento coi Laburisti, manterrà il suo seggio fino al 2015, anche Segretaria di Stato per i trasporti sotto Tony Blair. Una combattente, una veterana a modo suo, che in Fuga in Normandia interpreta Irene Jordan. Sembra che Glenda Jackson abbia girato gran parte delle sue scene principali “nei primi 12 giorni di riprese del film”, svoltesi in prossimità di giugno. Ci lascerà, poche settimane dopo, il 15 giugno 2023, all’età di 87 anni.

E poi arriva Sir Michael Caine. Con Glenda Jackson aveva recitato nel 1975, entrambi protagonisti del film Una romantica donna inglese. Anche lui inizia negli Anni ’50 e la sua filmografia conta oggi oltre 130 film all’attivo, oltre a due Premi Oscar come Miglior Attore Non Protagonista nel 1987 e nel 2000, rispettivamente per Hannah e le sue sorelle di Woody Allen e Le regole della casa del sidro di Lasse Hallström. Da molti considerato più che a ragione uno dei più grandi attori inglesi di tutta la Storia del Cinema, dal 2005 si lega a doppio filo con Christopher Nolan e questi gli dona una seconda età anche agli occhi delle nuove generazioni.

È stato il maggiordomo Alfred Pennyworth nella Trilogia del Cavaliere Oscuro (2005-2012), il prestigiatore John Cutter in The Prestige (2006), l’architetto Miles in Inception (2010), il professor Brand di Interstellar (2014) e da ultimo Sir Michael Crosby in Tenet (2020). È stato un Sir di nome e di fatto, un nobile della recitazione da cui ora, dopo Fuga in Normandia, annuncia il ritiro. Questo è stato il suo ultimo film. E anche per questo assume ancor più valore la storia che racconta. 

Storie vere di veterani che si intrecciano 

Fuga in Normandia racconta la storia vera di Bernard Jordan, un ottantenne che aveva partecipato allo Sbarco in Normandia il 6 giugno 1944 dal lato della Royal Navy. E che nel 2014, alla veneranda età di 80 anni e dopo essersi trasferito con la moglie in una casa di cura, impossibilitato a partecipare al viaggio organizzato dei veterani per assistere al 70° anniversario del D-Day, si imbarca da solo in direzione della Francia. La sua avventura diventa un caso, finisce su tutte le prime pagine dei giornali e lui viene soprannominato “il grande fuggitivo”: The Great Escaper è anche il titolo originale del film e fa chiaramente eco al cult del 1963 diretto da John Sturges e con protagonista Steve McQueen.

Bernie Jordan vi partecipa perché sa che quella potrebbe essere la sua ultima occasione, la sua ultima missione. E infatti morirà pochi mesi dopo aver compiuto l’impresa, seguito da sua moglie Irene a soli sette giorni dalla sua scomparsa. Quella di Caine e Jackson è chiaramente un’avventura che viaggia in parallelo a quella di Bernie e Irene: un ultimo atto, l’ultimo congedo di due attori veterani. A voi spetterà il compito, dal 20 giugno, di rendere loro gli ultimi onori e il saluto militare. Perché Fuga in Normandia è anche la storia di una generazione che sta scomparendo assieme alla memoria che porta, e che non sembra riuscire a trovare giusti eredi. È un film sull’importanza della memoria, ma anche sulla necessità che di tramandarla.

Fuga in Normandia è un film pacifista (come non se ne fanno più)

Fuga in Normandia è un film commovente per molte ragioni, ma lacrime copiose ne strappa soprattutto nelle scene direttamente connesse al ricordo della guerra: scene di cordoglio, scene di riconciliazione. Come quella in cui, appena arrivato in Francia, Bernie incontra un gruppo di veterani della Wermarcht anche loro arrivati per commemorare i caduti, ma non invitati nella platea degli Alleati. Lui, che a distanza di settant’anni ancora si rifiuta di comprare prodotti tedeschi, si ritrova a piangere e rendere il saluto a un tale Heinrich, che aveva combattuto proprio sul suo stesso lembo di spiaggia e quindi era probabilmente responsabile della morte di diversi suoi compagni. C’è la storia dei sommersi e dei salvati in quella scena, e di come i secondi debbano trovare pace affinché quello “spreco” – come dice Caine in un’altra scena – non resti vano.

E invece, lo sappiamo bene, continua a verificarsi ogni giorno. Lo sappiamo anche solo grazie a un altro personaggio di Fuga in Normandia, un giovane veterano che ha perso le gambe appena sei mesi prima, sopra una mina piazzata nel mezzo di una delle tante guerre – mediorientali e non – scatenate negli ultimi anni. Nei suoi occhi, lo shock del veterano mai reintrodotto dalla società, abbandonato sul fondo di un bicchiere di alcolico (scadente).

 

*Nato a Roma nel 1999, critico cinematografico e creator passato per web, cartaceo, social media, televisione, radio e podcast. La prima esperienza a 15 anni come membro di giuria per la XII Edizione di Alice nella Città. Dal 2019 si forma presso il mensile cartaceo Scomodo, di cui coordina anche la rete distributiva in tutta Italia. Nel 2022 svolge un master in podcasting presso Chora Media, cicli di lezioni nei licei con il Museo MAXXI ed è il vincitore del Premio CAT per la critica cinematografica. Ha collaborato con le pagine del Goethe-Institut e del Sindacato Pensionati CGIL. Dal 2021 scrive stabilmente per CiakClub, di cui è Caporedattore e principale creator.
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