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Hayao Miyazaki
Un mondo di sogni animati
Ponyo sulla scogliera: La Sirenetta secondo Miyazaki

Ponyo sulla scogliera di Hayao Miyazaki ti aspetta al Cinema, dal 6 al 12 luglio, nella rassegna Un mondo di sogni animati. Tuffiamoci in questo capolavoro con l’approfondimento firmato da Ilaria Vigorito.

Di Ilaria Vigorito*

Che cosa hanno in comune il romanziere giapponese Sōseki Natsume, La cavalcata delle Valchirie di Richard Wagner e il dipinto Ophelia di John Everett Millais? Sono state ispirazioni per Ponyo della scogliera, decimo lungometraggio scritto e diretto da Hayao Miyazaki.

Tutto comincia nel mare, coprotagonista della storia con le sue onde riottose e i suoi fondali coloratissimi. Qui abita la piccola Brunhilde insieme alle sue sorelline e al padre Fujimoto, uno stregone che ha sposato Granmamare, personificazione dell’oceano. Durante una gita Brunhilde si perde e dopo aver incontrato un peschereccio, resta intrappolata in una bottiglia di vetro e finisce spiaggiata sulla riva.

Lì la trova il piccolo Sosuke, che la libera e la ribattezza Ponyo, prima di prenderla con sé e prometterle di proteggerla. Quando suo padre Fujimoto torna a recuperarla, però, Ponyo si ribella e grazie all’aiuto delle sorelline fugge dopo aver seminato lo scompiglio nella casa paterna sotto il mare. Può così tornare in superficie e ricongiungersi a Sosuke… peccato però che abbia rovesciato nell’oceano una delle pozioni di Fujimoto, scatenando in questo modo uno tsunami che rischia di sommergere la piccola cittadina di mare in cui il bambino vive insieme a sua made Risa.

La Sirenetta di Andersen e Ponyo di Miyazaki

Come accade ne La Sirenetta di Hans Christian Andersen, prima ispirazione di questo film, la piccola protagonista di Ponyo desidera lasciare il mare per vivere sulla terraferma e si lega a un umano con cui vuole trascorrere il resto della sua vita. A questo, però, subentrano i temi cari al maestro Miyazaki. L’ambientazione, innanzitutto: il Giappone contemporaneo in una piccola cittadina di mare ispirata a Tomonoura, in cui il regista giapponese ha trascorso alcuni mesi per fare ricerche e studiare quella che sarebbe diventata l’ambientazione del suo nuovo film. Poi il rapporto fra Sosuke e Ponyo: il bambino è ben cosciente della natura “magica” della sua piccola amica e la accetta in ognuna delle sue forme, prima pesciolina rossa, poi mezza umana e mezza pesce e infine completamente umana.

E infine c’è il Mare, che non si presenta solo nelle vesti di Granmamare, una bellissima donna dai lunghi capelli rossi e madre di Ponyo. Esso è protagonista a pieno titolo di questo film con le sue masse azzurre e movimentate, le sue ondate formate da branchi di pesci d’acqua (che ricordano La Grande Onda di Kanagawa di Hokusai) e la vitale prepotenza con cui si riprende i suoi spazi, minacciando di sommergere la piccola cittadina di mare con tutti i suoi abitanti.

Il rapporto indissolubile con la Natura

Come sempre avviene in Miyazaki, la Natura la fa da padrona: è sullo schermo e in ogni scena a ricordare agli esseri umani che è impossibile da domare e controllare. Il Giappone, spesso afflitto da fenomeni naturali violenti, questo lo sa bene e Ponyo diventa involontariamente persino presagio del terribile tsunami che si abbatterà su Fukushima appena tre anni dopo la sua uscita al cinema.

Per quanto violenta e inarrestabile, in Ponyo la forza del Mare si rivela più benevola e meno tremenda della natura selvaggia a cui Miyazaki ci aveva abituato in Principessa Mononoke. Persino i due mondi contrapposti del mare e degli esseri umani si riconciliano nel giocoso e affiatato rapporto fra Sosuke e Ponyo – una tenera amicizia che un giorno maturerà fino a sbocciare nell’amore.

Forse anche perché reduce da tre film più maturi e diretti a un pubblico più adulto, Miyazaki, spinto dall’amico e produttore Toshio Suzuki, ha deciso di confezionare una fiaba prima di tutto diretta a un pubblico di bambini. È attraverso la semplicità del loro sguardo e la curiosità del loro approccio al mondo che viviamo questa vicenda e gli spettatori adulti sono quasi costretti a spogliarsi dei loro pregiudizi per apprezzare quest’avventura acquatica fino in fondo.

Non se ne pentiranno, perché Ponyo è una carezza non solo per lo spirito ma anche per gli occhi. Una tavolozza di colori squillanti e pieni di brio fa da sfondo a un cast variegato e di tutte le età – si va dai cinque anni di Ponyo e Sosuke ai venticinque di Risa fino alla terza età delle ospiti chiacchierone ed esuberanti della casa di riposo in cui la madre di Sosuke lavora.

Una tavolozza di colori

Miyazaki torna a un’animazione 2D completamente a mano, fatta di linee semplici ed essenziali e di blocchi di colore definiti che danno volume a personaggi, oggetti e paesaggi. Ogni sfumatura ha la stessa importanza: il rosso di Ponyo è vivido ma non eccessivo, per non oscurare l’azzurro del mare, il verde dei prati, il giallo, il marrone e il grigio delle case che compongono il panorama della piccola cittadina arrampicata sulla scogliera, sospesa sul confine esatto fra il mare, il cielo e la terra. Ogni elemento, in questo mondo appena idealizzato e gioiosamente infantile, è curvo e rotondo e pieno, sfumato dagli acquerelli, accogliente come le braccia di Granmamare – che compare sulla superficie dell’oceano proprio come la Ofelia di Millais.

Miyazaki ha voluto che i suoi bambini si muovessero costantemente in ogni inquadratura, per dare modo alle animazioni di restituire tutta l’energia cinetica intrappolata nei loro corpi. Ogni fotogramma è stato disegnato e dipinto a mano e la semplicità delle linee e dei disegni ha reso questo processo così minuzioso meno oneroso e non per questo meno curato.

Il risultato di questa scelta è che Ponyo si presenta allo sguardo come una sequenza di dipinti animati. Non per nulla il maestro Miyazaki ha rivendicato di aver sempre creato non anime ma manga eiga, ovvero film a fumetti. La singolarità delle prospettive da cui vengono ritratte le navi che solcano la superficie, così peculiari e pronte a cambiare a seconda dell’inquadratura, non sarebbe stata realizzata ricorrendo alla CGI e alle sue rigide impostazioni geometriche, che costringe a una standardizzazione assente dal disegno fatto a mano.

Ponyo sulla scogliera: un film perfetto per il grande schermo

Questo rende Ponyo un lungometraggio perfetto per il grande schermo, un’esplosione di colori e animazioni energetiche che avvolge lo spettatore e lo trascina nella quiete della cittadina natale di Sosuke, pronta a essere stravolta dall’esuberanza di Ponyo – che Miyazaki ha disegnato mentre corre sulle onde ascoltando La cavalcata delle Valchirie wagneriana.

Ponyo è un piccolo gioiello della carriera del regista giapponese, lontana in parte dalle grandi narrazioni delle storie precedenti ma non per questo meno coinvolgente. Se da un lato con la sua semplicità è una storia perfetta per gli spettatori più giovani, dall’altro è una sorsata di acqua fresca per gli spettatori più adulti, che hanno l’occasione di guardare di nuovo il mondo con la curiosità e la meraviglia di un bambino – capace di trasformare in un’avventura anche l’emergenza scatenata da uno tsunami.

A coronare questa fiaba contemporanea una colonna sonora poetica, influenzata da suggestioni wagneriane nelle scene più epiche, che è stata firmata da Joe Hisaishi, compositore che dal 1983 collabora con il regista giapponese. Suoi sono la melodia e i testi del tema musicale del film, Gake No Ue No Ponyo, eseguito dal gruppo folk Fujioka Fujimaki e cantato dalla giovanissima Nozomi Ohashi. In italiano il brano, tradotto come Ponyo della scogliera, è stato interpretato da Fabio Liberatori e sua figlia Sara, che hanno realizzato un motivetto perfetto per essere intonato da tutti i bambini all’ascolto.

Dopo quindici anni dalla sua prima uscita, Ponyo ritorna finalmente al cinema. Non c’è stagione migliore dell’estate per tuffarsi fra le onde scintillanti su cui corre, quasi volando, la bambina più vispa e curiosa dei sette mari. E anche della terraferma.

*Ilaria Vigorito è una scrittrice e saggista. A tre anni scopre Lupin III e si innamora così tanto degli anime e dei manga che trent’anni dopo pubblica un saggio su Nausicaä della Valle del Vento. Nel frattempo conosce anche Asimov e scrive pure un romanzo di fantascienza. Pubblica irregolarmente approfondimenti sul fumetto e l’animazione sul suo blog personale: Thus Spoke Flaming.
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