Eileen
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Tre film, canzoni e romanzi per capire Eileen

E se Eileen fosse un film, una canzone o un romanzo? Ecco 3 (per 3) suggestioni per avvicinarsi al film con Anne Hathaway e Thomasin McKenzie.

Di Carlo Giuliano*

Thomasin McKenzie e una fatale Anne Hathaway sono le protagoniste di Eileen, il nuovo film diretto da William Oldroyd e già dal 30 giugno al cinema. Interpretano rispettivamente la segretaria e la nuova psicologa di un carcere minorile nel New England degli Anni ’60. Innevato New England, natalizio New England. Non fosse che l’attrazione della protagonista Eileen (McKenzie) per Rebecca (Hathaway), e di questa nei confronti di un caso particolarmente efferato di cui si è macchiato un giovane detenuto del carcere, porterà la storia e quindi il film stesso a evolvere. A diventare un thriller psicologico di manipolazione, in cui non è più tanto chiaro chi sia il folle: forse tutti.

Oltre alla sua talentuosa protagonista, Eileen è un film che può contare su diversi elementi di pregio, primo fra tutti un’impostazione visiva spiccatamente vintage che vuole rifarsi al thriller hitchcockiano classico, nel tono e ovviamente nello sviluppo della storia. E poi ovviamente una Anne Hathaway in ottima forma, biondo platino come solo chi sembra pronto ad accoltellare il mondo. Infine il sempre graditissimo Shea Whigham, che qui interpreta l’ex poliziotto ora padre alcolizzato di Eileen, e che è un attore dal talento sconfinato, molto spesso caratterista o comprimario, ma sempre un passo avanti a tutti.

Ma per entrare nel vivo, Eileen è un film che trasmette suggestioni. E lo fa attraverso le musiche, perché ha una colonna sonora d’epoca che è un piacere all’ascolto. E lo fa attraverso romanzi che potreste aver letto o dovreste, anche perché è a sua volta un film molto letterario, tratto dal romanzo di Ottessa Moshfegh che è anche co-sceneggiatrice. E lo fa ovviamente attraverso i film che, più o meno direttamente, omaggia. Quindi mi sono inventato un gioco: e se dovessi descrivervi Eileen con tre film, tre canzoni e tre romanzi? E se ciascuna di quelle triplette, scelta oculatamente sulla base di riferimenti presenti nel film e altri semplicemente frutto di suggestioni, descrivesse nel suo arco lo stesso arco di Eileen? Il suo cambio di tono, il fatto di partire film docile e trasformarsi in una discesa nell’orrore della follia? Quanto a fondo pensate si possa scendere?

Se Eileen fosse un film, da The Holdovers a Psycho

Se Eileen fosse un film, il primo che citerò non vi verrebbe mai in mente di associarlo. È un’uscita recente, candidata agli Oscar come il suo protagonista Paul Giamatti: The Holdovers. Sarà che siamo sempre in New England, sarà che sono sempre gli Anni ’60, che siamo sempre nelle vicinanze di un Natale innevato e che gli istituti correzionali non sembrano molto diversi dagli istituti educativi. Come Giamatti resta confinato con lo scapestrato Angus, così Eileen e Rebecca si muovono circondate da ragazzi derelitti, distrutti dai genitori. C’è un’apparente spirito natalizio nel modo in cui Eileen comincia, ma è destinato a diventare qualcos’altro.

Perché il bianco della neve si macchia del rosso del sangue e se dovessimo pensare a un film che ha così ben rappresentato questa immagine cromatica, anche a livello di fotografia, potrebbe essere Fargo dei Fratelli Coen. Dico Fargo perché siamo ancora in una docile via di mezzo, in cui il “delitto fatto in casa” – come recitava la locandina del ’96 – sembra ancora qualcosa di controllabile, di innocuo, prima che tutto precipiti e diventi brutale, pur nel grottesco di scene spiccatamente pulp. E quindi non ancora, non del tutto orrorifico. 

Lo diventa quando si arriva a Hitchcock, i cui thriller sono il principale riferimento di Eileen. Perché Psycho si chiudeva sul lunotto posteriore di una macchina che affondava in un acquitrino, mentre Eileen si apre, con dei titoli di testa volutamente démodé, sul lunotto anteriore di una macchina che si sta riempiendo di gas, davanti a un acquitrino. Al di là delle immagini, i due film condividono poi il tema degli abusi sessuali da parte dei genitori, che porteranno ora a un matricidio, ora al parricidio. “Cosa può portare un ragazzo a uccidere suo padre?”: questa la grande domanda di Eileen, di cui temiamo fin da subito la risposta.

Se Eileen fosse una canzone, da How Glad I Am a Tell Him

Se Eileen fosse una canzone non servirebbe invece guardare lontano, perché già la sua colonna sonora meriterebbe di essere menzionata per intero. Partendo dall’inizio, dalla prima scena dopo i titoli di testa, quando quel lunotto ancora pieno di gas viaggia su sottofondo di (You Don’t Know) How Glad I Am di Nancy Wilson, risalente al 1964. Un easy listening che parla d’amore in modo sognante, di quanto Nancy Wilson vorrebbe essere “una poeta o una pittrice” così da poter esprimere tutto l’amore che ha nel cuore. È un brano cullante che prelude però a un inganno di tonalità, come infatti era stato utilizzato anche nella bella miniserie The End of the F***ing World.

In realtà poi, quasi tutte le canzoni di Eileen parlano d’amore. Ma le sonorità sono diverse, si passa al Blues e al R&B e fanno breccia le note sospese e acute di un organo Hammond, una voce maschile che ricorda però nitidamente quella di Nina Simone. Non nel testo ma nelle sensazioni che trasmette, I’ll Take Care of You(1959) di Bobby “Blues” Bland sembra accompagnare un cambio di genere nella direzione del thriller erotico. Parla di qualcuno a cui è stato fatto del male e di cui ora, chi canta, si prenderà cura. Potrebbe riferirsi al rapporto fra Eileen e Rebecca, o fra questa e il suo paziente.

L’effetto stridente dato dall’Hammond nella canzone precedente è affidato invece nella successiva, ballata da Eileen e Rebecca in una delle immagini ufficiali del film, a un mix di violini e di un triangolo: la canzone è Tell Him del gruppo The Exciters, 1962. Ancora una volta è una canzone d’amore, ma già nel terzo verso c’è la parola “sangue”: “So qualcosa sull’amore / Devi volerlo davvero / Se quel ragazzo ti è entrato nel sangue / Esci e vattelo a prendere”. C’è un che di ossessione, di possesso, che forse negli Anni ’60 sembrava innocuo come in molte altre canzoni dell’epoca rimaste famose. Ma quell’ossessione c’è, come c’è in Eileen, tanto più si procede verso l’inesorabile finale.

Se Eileen fosse un romanzo, da Oliver Twist a Follia

Come sempre per ingannarvi, se Eileen fosse un romanzo sarebbe inizialmente un classico dei coming-of-age dickensiani. In particolare, in una scena in cui il padre di Eileen vuole darle “una lezione” fuori tempo massimo dopo una bravata, ricordandosi maldestramente di essere genitore, le lancia Oliver Twist dalle scale e le intima di leggerlo da capo a fondo e di non uscire di casa finché non ne avrà capito il senso. Quasi fosse una Bibbia, quasi avesse bisogno di un esorcismo. In fondo, sarà che gli istituti correzionali non sono molto diversi dall’orfanotrofio in cui cresce il protagonista del romanzo di Charles Dickens. 

Ma già nel successivo cambio di tono, Eileen diventa qualcosa di diverso, più simile a L’Avversario, il romanzo capolavoro con cui Emmanuel Carrère rese la cronaca di un caso familiare di omicidio-suicidio (fallito) che aveva sconvolto la Francia. Una famiglia apparentemente normale che nasconde in realtà un segreto inconfessabile. “Come si fa a uccidere moglie e figli nel sonno con un martello?”. È quanto si chiede Carrère in riferimento al delitto compiuto da Jean-Claude Romand e se questa domanda vi ricorda qualcosa è perché, invertita dal genitore al figlio, se la farà anche Rebecca (Anne Hathaway) in riferimento al caso di parricidio che sta seguendo. Cosa nascondono le famiglie, tanto da macchiare, con un efferato delitto, un contesto di normalità apparente?

Di tutti i romanzi psicologici che hanno affrontato il tema del transfer e dell’attrazione fatale tra psichiatra e paziente, Follia di McGrath rimane come uno dei più sconvolgenti. Perché in un certo senso si intuisce come si concluderà fin dall’inizio, e proprio per questo l’attrazione è così fatale, e la discesa agli inferi così orrorifica. Perché la vedi arrivare ma non puoi farci niente per arrestarla. Ambientato nel 1959 in un manicomio, il romanzo di Patrick McGrath vede la moglie di uno psicologo cadere vittima del fascino di un paziente uxoricida. Come ci si può innamorare di qualcuno che ha ucciso sua moglie, ben sapendo che se ne avesse l’occasione lo rifarebbe? 

Insomma: di consigli di visione, lettura e ascolto ne avete quanti ne volete. Avete romanzi da leggere, brani da aggiungere alla vostra playlist e film da recuperare. Su tutti Eileen, ora, al cinema.

 

 

*Nato a Roma nel 1999, critico cinematografico e creator passato per web, cartaceo, social media, televisione, radio e podcast. La prima esperienza a 15 anni come membro di giuria per la XII Edizione di Alice nella Città. Dal 2019 si forma presso il mensile cartaceo Scomodo, di cui coordina anche la rete distributiva in tutta Italia. Nel 2022 svolge un master in podcasting presso Chora Media, cicli di lezioni nei licei con il Museo MAXXI ed è il vincitore del Premio CAT per la critica cinematografica. Ha collaborato con le pagine del Goethe-Institut e del Sindacato Pensionati CGIL. Dal 2021 scrive stabilmente per CiakClub, di cui è Caporedattore e principale creator.
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