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Una notte a New York: cinque film intimisti su quattro ruote

Una notte a New York è l’ultimo di una serie di film interamente ambientati a bordo di un veicolo (e con Sean Penn al volante).

Di Carlo Giuliano*

Quando i film sono girati interamente in un unico, ristretto ambiente – che si tratti di un salotto, una cabina telefonica o una stanza d’albergo – il risultato è sempre molto interessante. Quando poi il suddetto ambiente è in movimento, le cose si fanno ancora più intriganti. Perché l’apparente limitazione nello spazio e la “noia” che ne potrebbe derivare al passare del tempo spingono invece verso sceneggiature ritmate, copioni serrati e impacchettati in actor-led movies. Guidati cioè, come al volante così nel risultato finale, da attori di grande bravura capaci di riempire tutto lo schermo.

Il filone di “film veicolari” ha poi avuto grande fortuna anche nell’action. Basti pensare a film come Convoy – Trincea d’asfalto (1978) di Sam Peckinpah; alla primissima carriera di Steven Spielberg con Duel (1971) e Sugarland Express (1974); a tutta la saga di Mad Max di George Miller. Ma lì si tratta di inseguimenti e le riprese esterne dei suddetti hanno giocoforza. Al fianco di questi, esiste tutta una serie di altri film profondamente intimisti, in cui la cinepresa è puntata tutta verso l’interno dei veicoli e giù nel profondo delle anime dei protagonisti e dei rapporti che fra essi scaturiscono.

Molti di questi film sono poi affini al genere dei random encounters, dei film sugli incontri fra sconosciuti destinati a cambiare la vita dei protagonisti o la loro visione del mondo. Solo l’anno scorso, un disilluso Sean Penn si ritrovava alla guida di un’ambulanza in Black Flies, fortemente ispirato da Al di là della vita (1999) di Martin Scorsese. Oggi lo ritroviamo alla guida di un taxi in Una notte a New York, opera prima di Christy Hall in uscita dal 19 dicembre al cinema e che oltre a lui conta solo Dakota Johnson nel cast.

Collateral (2004) di Michael Mann

Partiamo con il classico dei film ambientati sui taxi gialli. Con protagonisti Jamie Foxx dietro al volante e Tom Cruise sui sedili posteriori, Collateral è un cult dell’action targato Michael Mann, che vede un sicario (Cruise) prendere in ostaggio un tassista (Foxx) nel corso di tutta una notte, un viaggio in cinque tappe per assassinare altrettanti testimoni e figure chiave legati a un processo. Al di là della componente action, Collateral ha dalla sua una dimensione intimista tutta particolare, discorsi sulla visione del mondo che rendono il sicario Vincent un filosofo certamente inusuale. Qualcuno con cui sarebbe anche piacevole parlare di Ruanda, di I Ching e di Miles Davis lungo tutta una notte, non uccidesse le persone su commissione. “Un uomo sale sulla metropolitana qui a Los Angeles e muore. Pensi che se ne accorgerà qualcuno?”.

Locke (2013) di Steven Knight

Quando uscì nel 2013, Locke portò i film del filone a un livello successivo. Questo perché a bordo della BMW X5 messa al centro di tutto il film c’era un solo, grandissimo attore, capace di reggere un’intera pellicola: Tom Hardy. Lui interpreta Ivan Locke, un capocantiere che si mette in viaggio per assistere al parto della donna con cui ha tradito la moglie. Quello della maternità e del tradimento, un tema che ritroverete anche in Una notte a New York. Dietro di sé, Locke si lascia tutto, dalla famiglia che lo aspetta a casa a un’importante consegna di lavoro, in un susseguirsi di telefonate che manderanno in pezzi la sua vita, ma lo porteranno anche a rielaborare i suoi fantasmi. Dietro quelle voci c’erano attori come Olivia Colman, Andrew Scott e Tom Holland, un cast tutto inglese in un film di stampo profondamente britannico diretto, non a caso, da Steven Knight.

A Taxi Driver (2017) di Jang Hoon

Si torna a bordo di un taxi, ma stavolta è verde, siamo nella Corea del Sud del 1980 e di giallo c’è solo la divisa di chi lo guida: il grandissimo Song Kang-ho, attore feticcio di Bong Joon-ho. A Taxi Driver di Jang Hoon dimostra le potenzialità narrative di questo filone raccontando del Massacro di Gwangju dalla soggettiva di un abitacolo. Protagonista è Kim, personaggio inizialmente negativo, un vedovo circondato dai debiti e completamente disinteressato alla situazione politica del suo Paese. Si troverà suo malgrado ad accompagnare un fotoreporter tedesco deciso a documentare la repressione degli studenti da parte del regime, che porterà, nella realtà dei fatti, a oltre 2000 morti. E porterà Kim, all’interno del film, a maturare una consapevolezza, umana prima ancora che politica, che prima non aveva. Storia vera dentro una storia vera, quella del reporter Jürgen Hinzpeter (realmente esistito) che non avrebbe mai più rincontrato quell’anonimo tassista che gli salvò la vita.

Drive My Car (2021) di Ryūsuke Hamaguchi

Premio Oscar al Miglior Film Straniero nel 2022 per questo bellissimo film di Ryūsuke Hamaguchi, che tutti ricorderanno per il rosso della Saab 900 Turbo del 1987 a bordo della quale si trovano a viaggiare i protagonisti. Tutto il film è una enorme, costante rielaborazione del lutto che usa il dramma di Chekov, e in particolare lo ​​Zio Vanja, per segnalare tutta la sua impostazione teatrale. Yūsuke è un regista e attore di teatro che ha avuto un esaurimento dopo il tradimento e la successiva, improvvisa morte della moglie, avvenuta prima che potessero parlarsi. Viene chiamato per una residenza a Hiroshima, ma la compagnia non si fida a lasciarlo guidare e così gli affida Misaki, una giovane che guiderà la sua stessa macchina, anche lei con le sue ferite. Entrambi in lutto, entrambi perseguitati dal senso di colpa per la morte dei loro cari, arriveranno insieme a una mutua consapevolezza in un viaggio on the road attraverso il Giappone. Una nazione in cui il tema del lutto collettivo rimane vivo e vegeto.

Una notte a New York (2024) di Christy Hall

Presentato prima al Telluride e poi al Toronto Film Festival, raccogliendo grande favore, Una notte a New York è l’opera prima alla regia di Christy Hall, qui anche in veste di sceneggiatrice. Dakota Johnson era coinvolta nella produzione, ma ha poi accettato il ruolo da protagonista e convinto il due volte Premio Oscar Sean Penn a salire a bordo con lei, senza troppo dover insistere a dirla tutta. Pensato inizialmente come spettacolo teatrale e girato poi in soli 16 giorni, Una notte a New York racconta del viaggio di una giovane, dall’Aeroporto JFK verso casa, a bordo di un taxi guidato da tassista Clark (Penn). La loquacità dell’uomo li porterà a sviluppare una inaspettata complicità che diventa intimità, portandoli ad affrontare reciprocamente i demoni di una vita in un confronto generazionale che ha il sapore di seduta di terapia. La ragazza è infatti tempestata di messaggi da un uomo al di là dello smartphone, il motore narrativo per aprirsi su temi che vanno dalla famiglia, alla genitorialità, alle relazioni difficili.

Se volete scoprire di che si tratta, Una notte a New York vi aspetta al cinema.

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*Nato a Roma nel 1999, critico cinematografico e creator passato per web, cartaceo, social media, televisione, radio e podcast. La prima esperienza a 15 anni come membro di giuria per la XII Edizione di Alice nella Città. Dal 2019 si forma presso il mensile cartaceo Scomodo, di cui coordina anche la rete distributiva in tutta Italia. Nel 2022 svolge un master in podcasting presso Chora Media, cicli di lezioni nei licei con il Museo MAXXI ed è il vincitore del Premio CAT per la critica cinematografica. Ha collaborato con le pagine del Goethe-Institut e del Sindacato Pensionati CGIL. Dal 2021 scrive stabilmente per CiakClub, di cui è Caporedattore e principale creator.
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Il Film

Un viaggio in taxi dall’aeroporto JFK di New York a Manhattan. Una giovane donna, bella e assorta nei suoi pensieri, inizia una conversazione con il tassista Clark, un uomo diretto e senza peli sulla lingua. Nel tempo del tragitto, il contesto apparentemente ordinario di un taxi diventa il luogo di un dialogo straordinario, intimo e denso, fatto di piccole verità…

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